Introduzione: la lingua Francoprovenzale

INTRODUZIONE

All’interno della Penisola Italiana convivono particolari fenomeni linguistici che differiscono dalla lingua nazionale, l’Italiano.

Nel corso dei secoli vari avvenimenti storici hanno contribuito alla formazione di aree nelle quali la popolazione non utilizzava la lingua nazionale come veicolo di comunicazione bensì la lingua d’origine “importata” nel contesto dell’emigrazione.

Si parla di Minoranze Linguistiche per indicare quella parte di popolazione che ha come Lingua madre una lingua diversa da quella standard.

In Italia convivono numerose Minoranze Linguistiche, tutelate dalla legge n. 482 del 15 dicembre 1999, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999: “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”.  Iniziativa di grande importanza per il mantenimento e la conservazione del tesoro linguistico delle Lingue Minoritarie esistenti sul territorio italiano ben prima che l’Italiano fosse applicato come lingua nazionale.

In questo contesto s’inserisce la lingua Francoprovenzale di Faeto e Celle (FG); Provenzale come si credeva erroneamente fino alla seconda metà del secolo scorso, quando studi di glottologia accertarono e dimostrarono che la lingua dei Faetani e dei Cellesi era di derivazione Francoprovenzale.  Prima che fossero compiuti tali studi, gli abitanti di Faeto e Celle erano conosciuti come Provenzali o, addirittura, Albanesi.

Fu la traduzione della IX Novella del Decamerone di Boccaccio, La Dama di Guascogna ed il re di Cipri, effettuata da Francesco Alfonso Perrini e pubblicata da Giovanni Papanti nel 1875, ad eliminare una lacuna nella nostra dialettologia e ad indirizzare gli studiosi all’individuazione del tipo linguistico Francoprovenzale.

Il merito di aver isolato tale parlata dalla lingua d’Oc (occitanica, provenzale) e da quella prettamente francese d’Oil e di averla in seguito riconosciuta come lingua romanza a sé stante, va a Graziadio Isaia Ascoli, che fu il padre e il fondatore della glottologia in Italia.

Oggi il Francoprovenzale di Faeto e Celle soffre trovandosi di fronte alla prima vera crisi d’identità in circa 800 anni di esistenza causata dalla globalizzazione, un processo fortemente fagocitante e non facilmente assimilabile allo stesso modo da ogni tessuto sociale. Ma le due piccole comunità con coraggio e testardaggine ammirevole resistono contro l’incedere del tempo e dei mutamenti, sfoderando, per difendersi, l’arma più potente a disposizione: la propria lingua.

STORIA E LINGUISTICA

Secondo la ricerca di Michele Melillo, l’”enigma” delle origini di Celle e Faeto va ricercato esclusivamente all’interno dei confini del dominio linguistico Francoprovenzale. Egli scriveva: Celle e Faeto “colonie che restano veramente definite solo quando avremo messo le mani sulla ricchezza della loro lingua”. Graziadio Isaia Ascoli, agli inizi del ‘900, sosteneva che il Francorpovenzale “con alcuni suoi caratteri specifici…che parte sono comuni al francese, parte lo sono al provenzale attesta la sua propria indipendenza storica”. Fondamentali anche le ricerche di Morosi; di Suchier che parlò di Celle e Faeto come di “isola linguistica spettante al Francoprovenzale”.

PROVENZALE E FRANCOPROVENZALE: ALCUNE DIFFERENZE

Mentre nel provenzale le toniche preromanze e e o chiuse si conservano intatte (vezer da VIDERE, mes da MENSEM, vetz da VICEM, notz da NUCEM, votz da VOCEM), le stesse vocali nell’area faetaro-cellese si dittonghizzano (vaire, mai, vai, nuai, kruai). Diverso anche il trattamento della A tonica: mentre nel provenzale si è mantenuta intatta, nel faetaro-cellese la A tonica, sotto l’azione di un suono palatale, si è trasformata in un suono che oscilla tra i e e.  Inoltre, il nesso PR, che diventa BR nel provenzale (cabra da CAPRA o cobrire da COPRIRE), nel francoprovenzale di Celle e Faeto diviene VR (cìevre, kevrìi). I nessi BL, FL, PLA, nel provenzale (blanc, flor, plegar), a Celle e Faeto danno origine  a nessi di consonante + semivocale (bbianke, fiure, piaìi).

DOVE SI PARLA IL FRANCOPROVENZALE

In Francia nel dipartimento dell’Isère, in Francia Contea, nell’Ain, in Saona, nello Jura, nei Vosges, nel Doubs, in Savie; in Svizzera nel Vaud, nel Vallese e nei distretti di Neuchatel e Berna; in Italia in Val d’Aosta, in Val di Lanzo, nelle aree di Susa e Valsoana e nel territorio tra Ivrea e Aosta. (ASCOLI E J. ANGLADE, POUR ETUDIER LES PATOIS MERIDIONAUX, PARIS, 1922). Le origini dei primi coloni dell’area interessata al mio studio sono da ricercare tra queste regioni. (INSERIRE MAPPA FRANCOPROVENZALE E EVIDENZIARE AREA PROVENIENZA C.E F.)

IL FRANCOPROVENZALE DI CELLE E FAETO

Prima di definire esattamente l’area di pertinenza del francoprovenzale di Celle e Faeto è fondamentale riproporre lo studio di Michele Melillo sulla varietà di due forme, ossia sugli esiti dei participi in –CATUM e degli imperfetti in –CABAM. Melillo individua quattro variazioni di tali forme in quattro aree differenti del dominio francoprovenzale, al fine di riscontrare similitudini alla lingua parlata nelle enclavi di Capitanata e, dunque, di stringere il cerchio sulle sedi originarie dei primi coloni. L’area caratterizzante le condizioni di Celle e Faeto riporta –CATUM e –CABAM entrambi non palatilizzati (Isère, nel limite orientale del Rodano, in quasi tutto l’Ain e nei centri valdostani di Ayas, Ala e Courmayeur). E mentre ci si allontana dal valdostano (faet.cell. fiamme, vald. Fla, faet.cell. ntrubbì, vald. Trobler, faet.cell. mingere, vald. mengerìo), è molto probabile che la sede originaria dei primi coloni di Celle e Faeto sia da individuare in quelle aree particolarmente esposte all’egemonia linguistica lionese, di cui oggi restano pochissime tracce, comprese tra il Rodano, l’Ain e l’Isère. Ed ecco, finalmente, le numerose concordanze tra la variazione lionese e quella di Celle e Faeto.

– A livello fonetico, la regolarità di dittonghi decrescenti del tipo ìe e ùo da E e O brevi, del tipo di e àu lunghe; gli esiti in bi, fi, pi da nessi come KL, FL, PL.

– A livello morfologico, la persistenza della dentale –T nella terza singolare e nella terza plurale dei verbi (METTERE ESEMPIO); avverbi come ikkì e iòre (“qui” e “ora”); pronomi come stoikkì, steikkì, ssu, tokk (“questi”, “queste”, “questa cosa”, “che cosa”).

– A livello lessicale esistono diverse concordanze, tra cui riporto faet.cell la nai (“la neve”), nai, nei in Isère e Ain; faet.cell. la nel’l’e (“la nebbia”), come nely nell’Isère.

– A livello sintattico è da notare il raddoppiamento del pronome personale (gi gge mìnge, ti tte mìnge, io mangio, tu mangi) e la presenza di a come pronome pleonastico della terza persona singolare (ki a i et, significa “chi è?”).

Per quanto attiene alle isole linguistiche di Faeto e Celle, è interessante evidenziare i fenomeni linguistici che le collegano alla zona d’origine. Tra gli esempi citati da Schüle (1978: 137-138) per Faeto, tratti da antiche attestazioni, si hanno:

(a) [lej] o [leje] «latte»: lo stesso tipo lessicale, dal latino lacte, si trova nella parte occidentale dell’area francoprovenzale, mentre in quella orientale si attestano i derivati di *lacticellu [laˈsːe] o [liˈʦe];

(b) [arːuˈtːa] «cullare», continuatore di *crottare, ha un corrispondente in [groˈta] attestato a est di Lione;

(c) [ˈtrerə] «mungere»: la zona di traire occupa la parte centrale dell’area francoprovenzale, a nord della linea che delimita il territorio dove sono sopravvissuti i derivati di mulgere. Tratti lessicali di questo genere hanno permesso di isolare, con relativa precisione, il luogo di provenienza delle due colonie del foggiano. (SAVERIO FAVRE, ENCICLOPEDIA TRECCANI- ENCICLOPEDIA DELL’ITALIANO, 2010).

L’INDAGINE DI ARCANGELO MARTINO

Ad arricchire il corredo investigativo riguardante la definizione delle zone d’origine dei primi coloni che si sono stabiliti nell’area faetano-cellese si aggiunge un’interessante ricerca effettuata dal cellese Arcangelo Martino presso l’Università di Waterloo in Ontario, Canada. “Dopo lunghe e pazienti ricerche…vi sono valide ragioni per credere che la provenienza dei Cellesi va ricercata in uno dei seguenti villaggi dell’Isère: La Combe de Lancey, un villaggio a nord-est di Grenoble…e più precisamente ad est di questo villaggio, in Theys e oltre, dove ci sono delle parlate rurali i cui abitanti parlano un patois simile alla parlata cellese”.

FRANCOPROVENZALE DI LA COMBEFRANCOPROVENZALE DI CELLEITALIANO
ésciélaciélescala
quiviyequaviyescopare
quèrequayrecuocere
sasasale
ceyceycarne
boconbeccunboccone
crutecrótecrosta del pane
patàpatàfare il pane
civàciuàcavallo

Questi sono solo alcuni esempi delle clamorose caratteristiche linguistiche affini tra i due villaggi. Le ricerche del docente italo-canadese, pubblicate nel 2008 con il titolo “Reliquie francoprovenzali nella parlata di Celle di San Vito”, si estendono ad un altro villaggio, Chandolin, più a nord rispetto a La Combe, nel Valais: anche in questo caso, le similitudini tra le due parlate sono numerose e spingono Martino a pensare che i primi cellesi siano venuti da uno di questi centri, già esistenti prima dell’XI secolo.

FRANCOPROVENZALE DI CHANDOLINFRANCOPROVENZALE DI CELLEITALIANO
adònadduncallora
aláalláandare
allaveallaveandava
biábiágrano
cachecachequalche
ciarzieciargiyecaricare
fènfènfieno
gnungnunnessuno
sciurtiyesciurtáseparare

Di conseguenza, Martino avanza l’ipotesi che i francoprovenzali di Celle e Faeto siano venuti dalla stessa zona, ma da due villaggi diversi. Anche per questo motivo, tutt’oggi, le parlate di Celle e Faeto differiscono in alcuni tratti, sia dal punto di vista fonetico che morfologico.

CONTAMINAZIONI

Come tutte le lingue, anche quella di Celle e Faeto si evolve e subisce contaminazioni soprattutto dall’italiano e dai dialetti dei comuni limitrofi. Molti domini di impiego sono appannaggio della lingua nazionale e con l’abbandono pressoché totale delle attività agricole e pastorizie tradizionali, una corposa parte di lessico è sulla via della dispersione o della sostituzione con neologismi dialettali contaminati dall’italiano o,  dai dialetti meridionali. L’avanzare ed il progresso repentino del dominio mediatico e tecnologico, le nuove terminologie legate a molti settori del terziario, sconosciuto fino ad alcuni anni fa (la Borsa, l’economia, la messaggistica, la telefonia cellulare, la massiccia burocratizzazione, i forestierismi), creano nuovi domini lessicali che poco o nulla hanno a che fare con la lingua Francoprovenzale che, tuttavia, in un modo o nell’altro, è sopravvissuta fino ai giorni nostri. Nel caso di Celle e Faeto è forte la vicinanza dei dialetti campani (variazioni sannitica e arianese, nell’area a cavallo tra le province di Campobasso, Benevento e Avellino) e foggiano.

Anche per le isole alloglotte del foggiano, che conservano un francoprovenzale ‘pietrificato’, rimasto per sette secoli senza contatti con la madrepatria, e in parte contaminato dalle parlate meridionali limitrofe, si può parlare di una forma di trilinguismo:

1. L’italiano è la lingua dei domini formali e dei rapporti istituzionali;

2. Il dialetto pugliese è riservato alla comunicazione con gli italofoni della provincia;

3. Il Francoprovenzale è la lingua quotidiana dei parlanti, utilizzata in contesti informali nei rapporti interpersonali tra gli indigeni.

Le contaminazioni maggiori avvengono a livello lessicale. Abbiamo isolato alcuni esempi di contaminazioni nel faetano-cellese nella lingua della quotidianità.

  • si percepisce l’avverbio mèntre piuttosto che gli originali faet.cell. devànte o addirittura pendànte. Il mèntre, di chiara contaminazione italofona, ha ormai sostituito gli altri due avverbi, che mantenevano un legame con la lingua della terra d’origine, di palese matrice francofona;
  • si sta perdendo, l’uso dell’articolo partitivo du, quasi esclusivamente sostituito da de lu di chiara contaminazione sannitica, in particolar modo dell’area di Castelluccio Valmaggiore. Un esempio lampante è l’espressione La fète de lu cajùnne (in riferimento alla sagra del maiale nero che si svolge a Faeto nei primi giorni di febbraio, tra gli eventi più noti di Faeto), pe la vì de lu bóue; ge vinne de lu fuóre; la quàjesce de lu taulìne….
  • la perdita del suono nasale, tipicamente francese, a causa della contaminazione arianese, data la vicinanza del comune di Ariano Irpino (AV). Perdita della desinenza –AN, con N nasale appena accennata, sostituita con la desinenza –ANN, con la N pronunciata, derivazione di una contaminazione dei dialetti campano e foggiano.
  • la progressiva sostituzione del pronome personale complemento ne con la particella pronominale ce, contaminazione di matrice sia italofona che dialettale: ce piàte al posto di ne piàte.
  • Pecché invece di pettócche o pettó;
  • réte al posto di ràite;
  • alcuni termini scarsamente usati come ciarriére sostituito da ;
  • buccàcce al posto di buàtte;
  • cuttóne  inteso come filo di cotone al posto di ràife;
  • pettenà al posto di fa la téte;
  • stanze al posto di ciàmbere;
  • rucurdà al posto di venìje a ménne;
  • descurdà al posto di nun venìje a ménne;
  • Fortunatamente la struttura morfologico-grammaticale della lingua per il momento risulta nel complesso inalterata tranne nel caso del partitivo du-de lu che è da considerarsi sicuramente una contaminazione lessicale.
  • la difficoltà, riscontrata in alcuni giovani “under 30” intervistati, di utilizzare perfettamente il corredo lessicale a loro disposizione. Ciò rende l’esposizione “macchinosa” e leggermente forzata, soprattutto nell’atto di sostituzione o utilizzo di neologismi dialettali, facenti spesso parte, come detto, di domini di impiego moderni che dunque non trovano riscontro nel patois “pre-moderno”.